Parlare di inclusione a scuola, oggi, significa far riferimento alla capacità di tutta l’istituzione scolastica, che comprende i docenti, la classe e lo stesso dirigente scolastico, di accogliere e rispettare ogni alunno e alunna nella propria unicità e specificità, valorizzando le differenze di ciascuno per elevarle a fonte di ricchezza per l’intera comunità educante.
Si tratta di offrire a tutti la possibilità di vedersi riconosciuto nei propri bisogni educativi. Questa rappresenta la condizione essenziale per garantire una vera inclusione a scuola, in quanto ogni alunno e alunna ha il diritto di accedere ad una buona istruzione ed educazione che permetta loro di avere le migliori possibilità di crescita personale e umana.
Citando uno dei riferimenti normativi in materia di inclusione, ovvero l’art. 1 del decreto legislativo n° 66/2017, si evince che:
L’inclusione riguarda le bambine e i bambini, le studentesse e gli studenti. Risponde ai differenti bisogni educativi e si realizza attraverso strategie educative finalizzate allo sviluppo delle potenzialità di ciascuno nel rispetto del diritto all’autodeterminazione, all’accompagnamento ragionevole, nella prospettiva della migliore qualità della vita.
Dunque, alla luce delle indicazioni ministeriali la scuola è tenuta ad accogliere ogni differenza e garantire il diritto di tutti alla partecipazione piena e attiva alla vita scolastica; ogni alunno deve potersi sentire parte integrante della comunità scolastica e ciò è possibile solo grazie all’impegno di tutti i docenti ed educatori, che con dedizione e professionalità devono garantire adeguate opportunità agli alunni a prescindere da ogni qualsivoglia differenza. Spetta, quindi, a noi insegnanti ed educatori, creare le condizioni migliori affinché gli alunni possano veder soddisfatti i propri bisogni educativi, garantendo loro un ambiente in cui l’unicità viene vissuta come opportunità di crescita.
L’attenzione nei confronti dei Bisogni educativi speciali (BES) nasce, quindi, in seguito alla direttiva ministeriale del 27 dicembre 2012 che si propone di definire strumenti di intervento rivolti ad alunni con bisogni educativi che, seppur senza alcuna certificazione che attesti una patologia invalidante, presentano una richiesta speciale di attenzione per svariate ragioni che riguardano, lo svantaggio sociale e culturale, la presenza di disturbi evolutivi specifici e difficoltà derivanti dalla non conoscenza della lingua perché appartenenti a una cultura diversa.
Come definire i BES?
I BES, che in altri paesi vengono definiti come Special Educational Needs, sono esigenze educative specifiche che ogni alunno, con continuità o per determinati periodi, può manifestare per motivi fisici, biologici, fisiologici, psicologici e sociali.
Per comprendere meglio questa definizione è necessario ribadire che i bisogni educativi speciali ricomprendono una più vasta area dello svantaggio scolastico che include al suo interno problematiche di vario tipo, che è possibile suddividere in tre grandi sotto-categorie:
- quella della disabilità,
- quella dei disturbi evolutivi specifici,
- quella dello svantaggio socio-economico, linguistico e culturale.
Come già sopra definito i BES richiedono una speciale attenzione da parte dell’insegnante che infatti è tenuto ad offrire una risposta personalizzata e adeguata al bambino che presenta un bisogno educativo.
Ma quale sarebbe questa risposta personalizzata che l’insegnante deve offrire al bambino?
Tale risposta segue un percorso specifico in base al tipo di bisogno educativo speciale, ad esempio, nel caso di alunni con disabilità certificata dalla L. 104/92, in cui rientrano la disabilità psicomotoria, sensoriale, i disturbi neuropsichici, sarà necessario stilare un Piano educativo individualizzato (PEI); piano che viene redatto dalla scuola e dai servizi socio-sanitari con la collaborazione delle famiglie. Scopo di questo documento è quello di riportare in modo dettagliato tutti gli interventi didattici ed educativi che si ha intenzione di attivare, unitamente agli obiettivi educativi e di apprendimento che i docenti si prefissano di raggiungere con l’alunno. Nel caso specifico di disabilità accertata, è obbligatoria la figura dell’insegnante di sostegno, che insieme al corpo docenti ha il compito di compilare il PEI.
Anche nel caso dei disturbi evolutivi specifici è necessaria una certificazione clinica che attesti le difficoltà di apprendimento o i deficit riscontrati, ma non è obbligatoria la figura dell’insegnante di sostegno. In tale caso però il bambino ha diritto ad un Piano Didattico Personalizzato (PDP), redatto dalla scuola in accordo con la famiglia, in cui vengono resi espliciti gli interventi didattici personalizzati, le misure compensative e dispensative che permetteranno allo studente di compensare le difficoltà e di raggiungere il successo formativo.
Infine, altro caso è quello relativo agli alunni che presentano svantaggio socio-economico, culturale e linguistico, in cui è auspicabile da parte dell’insegnante, per garantire una maggiore inclusione, la stesura di un piano didattico personalizzato e l’attivazione di strumenti compensativi e dispensativi.
In questo modo, e cioè conoscendo punti di forza e punti di debolezza dei bambini che presentano bisogni educativi, si potrà fornire una risposta personalizzata e adeguata a promuovere il loro potenziale apprenditivo e umano.
Fornire risposte educative personalizzate serve proprio a valorizzare il potenziale dei bambini, utilizzando strumenti e metodologie di apprendimento innovative, alternative ma soprattutto efficaci. Un modo diverso di apprendere è una ricchezza per tutti!
Dunque, una scuola si definisce realmente inclusiva se riesce a valorizzare le differenze e riesce a coinvolgere l’intera comunità educante, rimuovendo ogni tipo di barriera.